Istituto di bioetica, articolo “Tenerezza ha per ogni creatura” di Marilena Bogazzi

Riportiamo anche sul nostro sito l’articolo pubblicato sul sito dell’Istituto di Bioetica a questo link.

 

Marilena Bogazzi

«Tenerezza ha per ogni creatura»

Il Creatore ha verso le sue creature un atteggiamento, come dice il salmo, di tenerezza. Ma per comprendere appieno le ragioni e il significato di quest’affermazione, essa va inquadrata nel contesto biblico. Volendo sintetizzare la storia del rapporto tra Dio, l’uomo, le creature e la creazione per come è presentata dalla Bibbia, possiamo individuare in essa quattro tappe. La prima è quella della creazione di un universo perfetto, in cui l’uomo si inserisce armonicamente. Nel giardino dell’Eden l’uomo vive in piena e totale armonia con Dio e tutto il creato, specialmente con gli animali a lui simili; in questa fase sia l’uomo sia gli animali sono vegetariani. Nella seconda fase, quella della caduta, l’uomo sceglie liberamente, e in parte consapevolmente, di rinunciare all’armonia con Dio: in altre parole sceglie il peccato. Ma la rinuncia a un’integrazione armonica non può riguardare soltanto Dio, comporta l’alienazione dai suoi simili e dal creato intero, animali compresi. Con la venuta di Gesù Cristo e grazie al Suo sacrificio, l’uomo ha la grande occasione di recuperare quel rapporto di intimità filiale con Dio che godeva prima della cacciata dall’Eden: il Cristo, incarnandosi e facendosi carico del peccato umano, consente all’uomo di rientrare in contatto con la sua essenza divina. La quarta e ultima fase è quella preannunciata dall’Apocalisse (Ap 21-22) dei «nuovi cieli e la nuova terra», la fase in cui non ci sarà più posto per il peccato e gli uomini dimoreranno insieme a Dio in un luogo pieno di luce e santità.

1.La creazione, progetto d’amore Il progetto che Dio aveva quando ha creato la terra è raccontato nelle prime pagine della Genesi, in particolare: E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò, Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e molti- plicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate* sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». […] Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. (Gn 1,27-28) Da queste poche righe è evidente che il progetto divino è in tutto e per tutto un progetto d’amore. Non sono pochi gli elementi che ce lo attestano. Molto significativa è l’espressione «Dio creò l’uomo a sua imma-gine». Infatti i testi ci dicono che Dio è Amore (1Gv 4,16), quindi, creando l’uomo a sua immagine, Dio gli comunica la propria essenza, facendone una creatura d’amore. Inoltre, accomunando maschio e femmina in questa asserzione, attribuisce ai sessi ruoli complementari e pari dignità.
La prima azione compiuta da Dio in relazione all’uomo, ancora prima di parlargli, è di benedirlo, e di comunicargli in questo modo il profondo amore che gli porta, rendendolo al contempo capace di amare. Con le sue parole Dio conferisce al genere umano la fecondità, lo esorta a moltiplicarsi e a popolare la terra. Prescrive inoltre all’uomo e a tutti gli animali un regime alimentare vegetariano. Due parole a parte merita l’esortazione a «dominare» gli altri esseri viventi, che ha creato non pochi equivoci nel corso della storia. Ben lungi dall’idea di dare licenza all’uomo di spadroneggiare sulla terra e devastarla, qui il termine indica un’idea di custodia e cura amorosa; infatti, come insegna la vicenda del Cristo (Dominus), nella concezione divina dominazione non è sinonimo di sopraffazione, ma di servizio. L’uomo deve dominare la terra nel modo del Dominus: Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. (Fil 2,6-8) La superiorità dell’uomo sugli altri animali, pure molto spesso fraintesa, deve essere guardata nell’ottica della gerarchia divina, in cui la posizione predominante non serve per prevaricare i sottoposti, ma per portarli verso Dio, proprio come fanno gli angeli, che usano la propria superiorità sull’uomo (attestata dal salmo 8 «eppure l’hai fatto poco meno degli angeli») per avvicinarci a Dio, per guidarci nella sua direzione. Come l’angelo aiuta l’uomo ad arrivare a Dio, così l’uomo è chiamato alla custodia e alla redenzione della creazione, ed è detto chiaramente nelle Lettere ai Romani (8, 19): «L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio». È in questa luce che va interpretata la frase «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo». Se al genere umano è prescritto un regime vegetariano, è per la sua missione di accudire il creato con amore, e non certo perché altri alimenti possano contaminare l’uomo. Su questo Gesù è chiaro: «Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro; ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro» (Mc 7,15). Per concludere, va osservato che, per consentirci di custodire e curare il creato, Dio ci conferito qualità specifiche (è immediato il riferimento alla parabola dei talenti in Mt 25,14-40): Il Signore creò l’uomo dalla terra e a essa di nuovo lo fece tornare. Egli assegnò loro giorni contati e un tempo definito, dando loro potere su quanto essa contiene. Li rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò. In ogni vivente infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli. Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. Li riempì di scienza e d’intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male. […] Pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita. (Sir 17,1-13)
2. La caduta dell’uomo e della creazione Il progetto perfetto concepito da Dio per la creazione viene però rifiutato dall’uomo, che decide (istigato dal serpente) di emancipar- si dal suo legame con il creatore. Viene così a mancare l’unità fra uomo e Dio e, di conseguenza, tutte le caratteristiche che questa unità comportava. Si perde innanzitutto l’unità fra maschio e femmina, che da «una sola carne» diventano esseri scissi e in contrasto tra loro («Rispose l’uomo: “La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”. Il Signore Dio disse alla donna: “Che hai fatto?”. Rispose la donna: “Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato”». Gn 3,12-13). Con il fratricidio di Caino, si perde inoltre il rapporto di fratellanza all’interno del genere umano. L’uomo, da custode del creato diventa distruttore, al punto che ogni creatura ha terrore di lui («Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo» Gn 9,2), e diventa carnivoro («Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe» Gn 9,3). C’è uno slittamento linguistico molto rivelatore nella ratifica divina al mutamento di re- gime alimentare dell’uomo. Infatti possiamo rinvenire un passaggio dalla volontà di Dio («Ecco Io [il corsivo è mio] vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo», Gn 1,29) alla presa d’atto del- la ribellione umana: («Tutto ciò che vive sulla terra o nel mare sarà vostro cibo come un tempo mangiaste le erbe verdi che Io vi diedi tutte» Gn 9,3, in traduzione letterale dal greco). Restano comunque delle restrizioni: «Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue» (Gn 9,4). Dio si riserva il potere sulla vita (nella dimensione più profonda), è l’unico a poterne disporre, come attestano Matteo («Non abbiate paura di quelli che uccidono il cor- po, ma non hanno il potere di uccidere l’anima», Mt 10,28) e Qoelet («Infatti la sorte degli uomini e delle bestie è la stessa […] tutti sono diretti verso il medesimo luogo» Qo 3,19-20). Anche la sessualità perde il suo ruolo di unione e complementari- tà, e si degrada sino alla perversione, come appare evidente nell’epi- sodio di Sodoma e Gomorra (Gn 19). In conclusione l’uomo, creato in origine per la libertà e l’amore, diventa violento e schiavo (in Egitto), trascinando con sé tutta la creazione: «Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si com- mette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue. Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali selvatici e con gli uccelli del cielo; e persino i pesci del mare periscono» (Os 4,2-3). Va comunque sottolineato che la ribellione dell’uomo non interrompe l’alleanza fra Dio e le sue creature: nonostante la rottura del rapporto armonico fra l’uomo e gli animali introdotta con la ratifica di un regime carnivoro, Dio conferma che il Suo progetto d’amore non viene meno: «Dio disse a Noè e ai sui figli con lui: “Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con i vostri discendenti dopo di voi; con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e be- stie selvatiche, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca”» (Gn 9,8-10). Dio manifesta tale progetto con la sua misericordia («La mise- ricordia dell’uomo riguarda il prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente» Sir 18,12-13), prendendosi cura di ogni creatura («Guardate gli uccelli del cielo […] il Padre vostro celeste li nutre», Mt 6,26-27; «Egli dà il cibo a ogni vivente: perché eterna è la sua misericordia», Sal 136,25). Fra Dio e le Sue creature c’è un legame di preghiera, infatti Dio invita uomini e animali a fare penitenza («uomini e bestie si coprano di sacco e si invochi Dio», Gv 3,8). Le creature, da parte loro, sono chiamate a lodarlo («Ogni vivente dia lode al Signore», Sal 150,5; «Tut- te le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose ivi contenute udii che dicevano: “A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, gloria, onore e potenza”», Ap 5,13) e a bramare la sua vicinanza («anche gli animali selvatici sospirano a te», Gl 1,20). E abbiamo riferimenti specifici all’alleanza tra gli animali e Dio, che giunge a conferire loro il dono della profezia, come nel caso dell’asina di Balaam (Nm 22,22). Gli animali conoscono il Signore e le Sue opere, e possono essere maestri per gli uomini, se questi sanno ascoltarli: «Interroga pure le bestie e ti insegneranno, gli uc- celli del cielo e ti informeranno; i rettili della terra e ti istruiranno, i pesci del mare e ti racconteranno. Chi non sa, fra tutti costoro, che la mano del Signore ha fatto questo?» (Gb 12,7-9). Inoltre gli anima- li conoscono la legge naturale divina, e talvolta la seguono meglio degli uomini: «La cicogna nel cielo conosce il tempo per migrare, la tortora, la rondinella e la gru osservano il tempo del ritorno, il mio popolo invece non conosce l’ordine stabilito dal Signore» (Ger 8,7). Gli animali stanno volentieri in compagnia di Gesù, che nel de- serto, mentre si preparava alla sua missione «stava con le bestie selvatiche» (Mc 1,13). La terra promessa non è riservata agli uomini soltanto («Le vostre mogli, i vostri bambini e il vostro bestiame staranno nella terra che Mosè vi ha assegnato», Gs 1,14), e persino la salvezza sembra riguardare anche gli animali («Uomini e bestie tu salvi», Sal 36,7). La redenzione riguarda uomini, animali e l’intera creazione (Rm 8,19- 22).
3. La redenzione dell’uomo e del cosmo Dio che ha creato l’uomo perché sia Sua immagine non ha mai smesso, dopo il rifiuto umano, di richiamare l’umanità nel Suo abbraccio; all’uomo che è immerso nella violenza, manda continua- mente i suoi profeti a ricordare che la Sua parola è la via, e ci dona la legge come base per la vita. Al vertice dell’azione divina è il sacrificio di Cristo che porta alla Redenzione. L’atteggiamento di Dio conti- nua a essere premuroso («io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti», Ger 7,25) teso a riavvicinare a Sé l’uomo.
a. La legge biblica La legge fondamentale è «non uccidere» (Dt 5,17), e fa riferi- mento a ogni creatura viva, cioè dotata del divino soffio vitale. È Dio stesso, in diverse occasioni, a definire viventi le Sue creature: «A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita» (Gn 1,30); «Ogni essere vivente che è con voi» (Gn 9,10). E il soffio divino accomuna uomini e animali: «Un solo soffio vitale per tutti» (Qo 3,19). Se si uccide quanto ha vita, non uccidere dovrebbe significare non togliere la vita a nessuna delle creature a cui Lui l’ha data, poi- ché se è l’unico capace di donare la vita deve essere l’unico autorizzato a toglierla.
b. Lo zelo dei profeti Isaia è il profeta a cui Dio svela i suoi piani: vede la venuta del Cristo e l’era messianica, profetizza la redenzione dell’uomo, desti- nato a tornare immagine e somiglianza di Dio e a custodire nuova- mente il creato. La redenzione preannunciata da Isaia è totale: non solo l’uomo ma anche gli animali tornano vegetariani. (Is 11,6-9). Geremia denuncia in più occasioni la manipolazione della Parola di Dio da parte del popolo, dei sacerdoti e dei falsi profeti; come altri profeti, afferma che Dio non ha mai comandato l’olocausto. Per suo tramite, Dio dichiara: «Io però non parlai né diedi comandi sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri quando li feci uscire dalla terra d’Egitto, ma ordinai loro: Ascoltate la mia voce» (Ger 7,22). Oggi ormai sappiamo che l’unico sacrificio salvifico è quello compiuto da Cristo sulla croce. Ezechiele si nutriva di cerali e legumi. Daniele diviene simbolo della bellezza conferita da un’alimentazione non violenta e delle benedizioni accordate da Dio a chi la sceglie: Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re […] Però egli [il funzionario del re] disse a Daniele: «Io temo che il re, mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e così mi rendereste responsabile davanti al re». Ma Daniele disse al custode […]: «Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da mangiare verdure e da bere acqua, poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re; quindi deciderai di fare con noi tuoi servi come avrai constatato». Egli acconsentì e fece la prova per dieci giorni, al termine dei quali si vide che le loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re. Da allora in poi il sovrintendente fece togliere l’assegnazione delle vivande e del vino che bevevano, e diede loro soltanto verdure. Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza e rese Daniele interprete di visioni e di sogni. (Dn 1,8-17) In questo testo è evidenziata anche l’importante ripercussione spirituale dell’alimentazione vegetariana, ben nota ai Padri della Chiesa e a numerosi santi. Osea torna a ribattere il problema centrale: essendo il creato af- fidato all’uomo, le azioni negative dell’uomo si ripercuotono su tutte le creature. In altre parole, finché nel cuore dell’uomo c’è violenza, ci sarà violenza anche nel creato: Non c’è infatti sincerità, né amore, né conoscenza di Dio nel paese. Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue.
Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare periscono.(Os 4,1-3)
Gesù Cristo e il sacrificio incruento. La storia dell’uomo sembra dunque muoversi sotto le spinte contrapposte dell’Amore voluto da Dio («perché Dio è Amore» 1Gv 4,8) e l’egoismo dell’uomo, trascinato dai suoi vizi, tra gli altri la superbia e la gola. La legge e i profeti sembrano non essere sufficienti a far tornare l’uomo immagine e somiglianza di Dio. Solo con la venuta di Cristo e grazie al Suo sacrificio l’uomo ha la possibilità di ottenere la redenzione totale. Il sacrificio della croce consente agli esseri umani di ritornare allo stato perfetto originario, voluto da Dio al momento della creazione. Cristo restituisce all’uomo la possibilità di essere «immagine e somiglianza» di Dio. Questa nuova condizione comporta l’automatico recupero di tutte le caratteristiche con cui Dio ci ha creato, prima fra tutte l’essenza di amore, non ultime la dieta vegetariana (Gn 1,29) e la capacità di custodire il creato (Gn 1,26). La creazione, essendo sottomessa all’uomo (Gn 1,26), non può riscattarsi da sola, ma deve essere redenta dall’uomo che a sua volta deve lasciarsi redimere da Cristo. Dice infatti san Paolo nella Lettera ai romani: L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazio- ne dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. (Rm 8,19-22) A quel punto, essendo il creato sottomesso all’uomo e rispecchiando- ne la natura, tornerà anch’esso allo stato armonico delle origini. Non va dimenticato che nel giardino dell’Eden anche gli animali sono vegetariani (Gn 1,30). È l’uomo a introdurre il regime carnivoro nel creato, perché il creato fa da specchio al cuore dell’uomo: quando nel suo cuore regnava l’armonia divina, anche nel creato c’erano armonia e pace; invece, quando l’armonia ha cessato di esistere nel cuore dell’uomo (a causa della libera scelta di separarsi da Dio) la pace ha smesso di esistere anche nel creato, che è stato invaso dalla violenza e dal disordine introdotti dall’uomo. Il ritorno dell’uomo allo stato originario comporta il ritorno allo stato originario di tutta la creazione; Isaia, cui è stato concesso di vedere nel futuro l’era messianica (l’era cioè portata dal Messia), preannuncia l’armonia nel creato e il vegetalismo non solo degli uomini, ma anche degli animali («il leone si ciberà di paglia come il bue», Is 11,7) a segno che l’uomo è redento e ha saputo portare alla reden- zione anche la creazione a lui affidata. Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse […]. Su di lui si poserà lo Spirito del Signore […]. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme, i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di pa- glia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente […] perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. (Is 11,1-9)
Per tre volte Isaia parla dell’infanzia: «e un piccolo fanciullo li guiderà», «Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera, il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso». Questa infanzia è l’infanzia spirituale, cioè il ritorno allo stato originario della creazione, e a tutto quello che ne deriva. Non a caso il Maestro dichiara: «Se non vi convertirete e non diventerete come fanciulli, non entrerete nel Regno dei Cieli» (Mt 18,3). Nei santi, i quali hanno lasciato che la potenza di Cristo operasse in loro, la profezia di Isaia già si è avverata. L’uomo redento è com- passionevole, paterno e giusto nei confronti delle creature a lui affi- date, come dimostra questo episodio della vita di san Francesco: Un’altra volta, passando per la stessa Marca, accompagnato lietamente dal medesimo frate, s’imbatté in un uomo che portava al mercato, per venderli, due agnellini legati penzoloni dalle spalle. Udendone i belati, il beato Francesco si commosse profondamente, si avvicinò, li accarezzò, come fa la madre con un suo figliuolo che piange, mostrando la sua compassione. E chiese al padrone : « Perché tormenti i miei fratelli agnellini, tenendoli così legati e penzoloni?» Rispose : «Li porto al mercato a vendere, perché ho bisogno di denaro». E il Santo : «Che ne avverrà?» L’altro: «I compratori li uccideranno e li mangeranno». «Non sia mai che ciò avvenga!» ribatté il Santo. «Ma eccoti per pagarli il mio mantello, e tu dammi gli agnellini». Quell’uomo fu ben contento di dar le bestiole e prendere il mantello, che il Santo proprio in quel giorno aveva ricevuto per ripararsi dal freddo, giacché esso valeva assai di più.6 Questa tensione del cuore lo rende capace di ben custodire la creazione, riacquistando la capacità di dominio della creazione:
E entrò nel campo e cominciò a predicare agli uccelli ch’erano in terra; e subitamente quelli ch’erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi, mentre che santo Francesco compié di predicare […] Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della croce e diede loro licenza di partirsi; e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti, e poi secondo la croce c’aveva fatta loro santo Francesco si divisoro in quattro parti […] e ciascuna schiera n’andava cantando maravigliosi canti. Davanti al «bambino» di cui parla Isaia e di cui san Francesco è esempio, anche gli animali riacquistano la loro fanciullezza (nel sen- so della creazione, in riferimento all’origine creata da Dio) e la loro ferocia svanisce: Il detto lupo si fa incontro a santo Francesco, con la bocca aperta; ed ap- pressandosi a lui, santo Francesco gli fa il segno della croce, e chiamollo a sé e disse così: «Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me né a persona». Mirabile cosa a dire! Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre: e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere.8 Si realizza così la profezia di Isaia, rivolta a ogni uomo che vuole vivere secondo la Volontà di Dio: quando l’uomo cesserà di agire iniquamente verso Dio, verso se stesso, verso le creature e verso il creato, dice Isaia, arriverà il Regno di Dio, si compirà la Gerusalemme Celeste, dove Dio dimorerà con gli uomini ormai lavati dal sangue di Cristo, «redenti […] come primizia per Dio e per l’Agnello» (Ap 14,4b): «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro» (Ap 21,3).
Per concludere, voglio citare la preghiera di san Basilio Magno: Signore e salvatore del mondo, Noi ti preghiamo anche per gli animali, che umilmente portano con noi il peso e il calore del giorno e offrono le loro semplici vite, aiutandoci a vi- vere bene. Noi ti preghiamo anche per le creature selvagge che tu hai creato sapienti, forti, belle. Ti preghiamo per tutte le creature, anche quelle che non sono intelligenti perché esse hanno una loro missione, sebbene noi siamo incapaci di riconoscerla. E supplichiamo la tua grande tenerezza, perché tu hai promesso di salvare insieme l’uomo e gli animali e hai concesso a tutti il tuo amore infinito.

 

nel testo ho aggiunto un *che esplicito qui, il DOMINATE significa siate dominus, ed è Gesù stesso che è il nostro Dominus a indicarci cosa voglia dire essere dominus o dominare: “dare la vita per”; nell’ottica divina chi sta “sopra” serve chi sta “sotto” come Gesù che essendo Maestro lava i piedi ai discepoli; nella nuova tradizione è stato tradotto con “custodite” perché ormai “dominate” nel senso volgare ha preso un significato di sopraffazione che è molto molto lontano dal senso originario della parola (una traduzione che a me piacerebbe molto suonerebbe tipo: comportatevi con le creature come Gesù si è comportato con voi; siate dominus come Lui è Dominus)